Il 1497, un anno che a molti nel Vallo non dice nulla, ma che è stato fondamentale per la storia di tutto il nostro territorio.
E’ stato l’anno in cui i Sanseverino, con la loro terza congiura, persero definitivamente il controllo dei feudi valdianesi.
La storia è lunga e non ne parlerò qui, ma narrerò di una leggenda che si racconta a Sala Consilina, su come i soldati aragonesi riuscirono ad entrare nelle mura apparentemente impenetrabili della città.
Si narra che un tal Giovanni Antonio Bigotti, membro di quella famiglia Bigotti molto influente nella storia salese, aprì letteralmente le porte della città agli assediatori, che entrarono a Sala distruggendo e bruciando le città.
Questo per punire la ribelle popolazione salese e per far arrivare come monito il fumo del rogo a Teggiano, dov’era barricato Antonello Sanseverino.
La storia, si sa, fece il suo corso, il Sanseverino si arrese, ed il feudo di Sala passò ai certosini di Padula.
Ora, sarà un caso che la Grancìa di San Lorenzo, da dove i certosini gestivano il feudo salese, fu costruita a pochi metri dal palazzo della famiglia Bigotti.
Così come, sarà un caso che la famiglia ebbe ottimi rapporti con la Certosa in quegli anni. Come, ad esempio, attesta l’utilizzo degli artisti chiamati dai monaci nella Certosa, per decorare la cappella di famiglia, oggi “Cappella di San Giuseppe”.
Ma ripeto, questa è una leggenda, senza alcun fondamento storico, che a Sala si tramanda da secoli di padre in figlio. A segno, anche, che certe ferite, ripeto Sala fu completamente distrutta, rimangono nei ricordi e nelle parole della popolazione.
Può essere anche che sia stato un modo per dare un senso ad una rovina, di cui il popolo non aveva né colpe, né spiegazioni. Ma si sa anche, che nelle voci della gente c’è sempre un fondo di verità.
Vox populi, vox Dei.
Articolo scritto da Antonella Granata
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